dal Taccuino del Comandante Zeta

dal Taccuino del Comandante Zeta

venerdì 6 marzo 2009

DollArmymage n.4



(foto ricevuta da DollArmy)

"Shopping tales_1" da DollArmy

Shopping tales 1

Comprerò quella pentola che non vuole nessuno
che fa tutto da sola perfino il fondo bruno
calze a rete d’argento per gambe affascinanti
coprirò le mie braccia con lunghissimi guanti
la magica matita per disegnare i manga
e quel pull di gaultier coi motivi a losanga
monitor mega screen per vedere il futuro
la lampada di stark per spezzare lo scuro.
Se non trovo i foglietti con le istruzioni d’uso,
lo scopo degli acquisti mi diventa confuso
ma anche se comprare è un mezzo e non un fine
non smetterò per questo di guardar le vetrine


(testo ricevuto da DollArmy)

DollArmymage n.3



(foto ricevuta da DollArmy)

"Shopping tales_2" da DollArmy

Shopping tales 2

Pagine bianche ingombre di oggetti disegnati
insieme alle riviste con i fogli strappati
e rivedo me piccola, confusa e sorridente,
bambina e scala mobile, dentro la rinascente.
Un luogo quasi sacro, come un pellegrinaggio
un viaggio in paradiso anche senza pedaggio
poi d’estate in campagna niente giochi in giardino
preferivo i cataloghi di un grande magazzino
disdegnavo tramonti e prati vellutati
pitturando sul retro di carte da parati.
Il maggior interesse visitando il santuario
il posto della suora che vendeva il rosario
medagliette ed ex voto di lucente lamiera
per tagliare quel buio che veniva ogni sera
niente luci e negozi né miraggi con sconti
progettare una fuga dove mancano i ponti.
Poi tornare in città sul finir dell’estate
e riempire quel vuoto con vetrine adeguate


(testo ricevuto da DollArmy)

DollArmymage n.2



(foto ricevuta da DollArmy)

mercoledì 4 marzo 2009

ARRIVI #41

(nella busta)

Nella busta che aveva ricevuto per posta quella mattina,
era contenuta una tessera magnetica
di una primaria banca,
ma nessuna istruzione


più tardi in un messaggio sul cellulare
comparve un codice di cinque cifre:
per compiere l’operazione,
preferì uno sportello poco frequentato
di un’agenzia periferica
all’ora di pranzo

l’unica funzione ammessa digitando il codice,
era una richiesta d’informazioni sul conto
e il tagliando stampato che ne scaturiva,
invece di prelievi e accrediti,
riportava delle date di giorni a venire,
con orario e luogo in cui doveva trovarsi:
questo era il modo scelto per proseguire
il contatto.

Segnali perduti_10


(foto ricevuta da Zetagramma)

ARRIVI #42

(in chiesa)

Il primo appuntamento era fissato
in una chiesa del centro antico


quell’ora del pomeriggio
riempiva di luce abbagliante il fondo
della piccola piazza:
tre lati di alte case medievali in pietra e mattone
e una facciata di neoclassico dissonante bianco,
a cui sfuggivano nell’ombra i vicoli
dal nome di mestieri e piante

entrò e rimase sul fondo,
per abituarsi alla penombra dorata dell’interno,
che a contrasto con l’involucro assolato
scendeva dal soffitto a nuvole barocche:
lungo le colonne di pietra nuda e capitello fogliato,
sul pavimento bianco e nero di lastre
e pietre tombali consunte

più avanti nella navata,
c’era una donna con il capo velato
seduta ad un banco

a un tratto si alzò e a testa china raggiunse
un altare laterale in ombra:
avvitando le lampadine, accese delle candele votive
con lunghe pause forse di preghiera
o per attrarre meglio la sua attenzione

una moneta cadde e risuonò nella scatola vuota di metallo,
poi la donna uscì da una porticina,
nascosta fra le colonne

allora si avvicinò all’altare illuminato
e trascrisse sul taccuino
la serie di numeri che la posizione delle candele accese
suggeriva rispetto a quelle spente

mentre verificava alcune possibili combinazioni,
restò a fissare le luci,
insieme al secondario santo che dal quadro
guardava stupito l’insolito chiarore
davanti al suo trascurato altare.

Segnali perduti_9


(foto ricevuta da Zetagramma)

ARRIVI #43

(sulla scala)

Per il secondo incontro, il luogo indicato era
la sommità di una ben precisa scalinata


di fronte all’antico palazzo
già ospizio per vecchi e ora in disuso,
da tempo avvolto da ponteggi e transenne
d’incompiuto restauro

nell’attesa,
si affacciava dalla balaustra sul viale alberato
che in salita dritto giungeva sotto di lui
e poi divergeva a tornanti
in due simmetriche rampe fino alla sua quota

dalla strada alcuni gradini scendevano a un piano,
da cui due scale si dipartivano
in opposte direzioni

in fondo,
un uomo era fermo al primo gradino,
con accanto un sacco rigonfio:
vestito in modo dimesso
e con un berretto calcato che ne celava l’aspetto,
alzò la testa a sincerarsi della sua presenza

iniziò poi a salire
e a disporre su gradini diversi
delle bottiglie vuote estratte dal sacco

raggiunto il piano che congiungeva le due scale,
cominciò la discesa su quella opposta,
deponendo ancora bottiglie fino al termine
e quindi si allontanò, senza più voltarsi.

Segnali perduti_8



(foto ricevuta da Zetagramma)

ARRIVI #44

(le combinazioni)

Restò da solo a guardare dall’alto
il risultato dell’operazione:
ogni gradino
era formato da una unica lastra di granito rosa
e su alcuni
le bottiglie di vetro verde in piedi,
tutte uguali nella misura
senza marchio e tappo


cominciò a contare i gradini
e a segnare sulla pagina
la posizione delle bottiglie

ne risultava una serie di numeri in progressione
oppure di lettere a formare una parola
ma l’effetto sulla pagina era simile
a quei pannelli alfabetici
esposti nella vetrina dell’ottico,
usati per distinguere lettere isolate
senza riunirle in un senso

o forse la chiave era una frase musicale,
con i gradini come rigo sullo spartito
e le note in forma di bottiglia

mentre scendeva,
tentando le più astruse combinazioni
alfanumeriche o tonali,
un anziano che dopo di lui aveva imboccato la scala
cominciò ad inveire,
contro la sciagurata usanza odierna
di spargere ovunque cocci di vetro
sul passaggio altrui

infatti raccolse le bottiglie e le gettò nel recipiente
dedicato al vetro ai piedi della scala,
cercando nel suo sguardo l’approvazione
per l’ordine che veniva ricreato,
ma lui abbassò la testa e si affrettò
lungo il viale.

Segnali perduti_7



(foto ricevuta da Zetagramma)

ARRIVI #45

(al binario 18)

Al binario 18 non c’era nessun passeggero in attesa
e nemmeno un treno previsto in arrivo,
ma quello era l’ambiente stabilito
e l’orario preciso


la stazione era in restauro:
i vecchi tabelloni a caratteri componibili
disposti lungo i binari,
stavano per essere sostituiti da schermi al plasma,
che già in funzione visualizzavano
incessanti filmati promozionali

le scatole grigie di metallo degli avvisi,
appese in alto alle colonne della tettoia,
erano invece ormai inattive
e conservavano scritte incomplete e casuali
di provenienze e destinazioni
sotto forma di anagrammi e righe di consonanti
impronunciabili

su quel binario le lavagne a lamelle
erano tutte cieche:
poi all’improvviso iniziarono a ruotare vorticosamente,
in un ticchettio di palpebre meccaniche sbattute
e poi a riposo, mostrando una lettera ognuna.

Segnali perduti_6


(foto ricevuta da Zetagramma)

ARRIVI #46

(nell’atrio)

Ora percorrendo il binario,
poteva leggere in ogni tabella una parola
e comporla in una frase logica:
almeno così gli pareva,
mentre le trascriveva in fretta,
arrivando in fondo alla pensilina
dove le rotaie lasciano il marciapiede
e s’avviano in galleria


mentre tornava indietro,
con un’altro mulinare di pale
le tabelle si riportarono
al loro precedente vuoto stato inattivo

impegnato nel decifrare il testo che aveva raccolto
scese nel sottopassaggio,
mentre un flusso contrario di viaggiatori lo risaliva,
incitato dagli annunci a cambiare binario,
per l’imminente arrivo del treno
già segnalato in ritardo

emerso nell’atrio,
venne scelto fra i presenti come unico destinatario
di uno sconnesso discorso,
che un vagabondo abituale ospite della stazione
gli rivolse ad alta voce venendogli incontro:
non meno oscuro della frase copiata sul binario,
non meno allusivo della vicenda in cui era coinvolto,
non meno increscioso del segreto custodito
fra le pagine.