dal Taccuino del Comandante Zeta

dal Taccuino del Comandante Zeta

domenica 26 aprile 2009

Oscar Primo Review #21



(foto ricevuta da Oscar Primo)

"Memento Vivere" di Alex Monticelli

.
Sprimaccio il cuscino
E mugghiando ad intermittenze
Pilucco pensieri e parole.
Le ultime degne di nota sono state:
"Non sei che un chiodo entrato storto

Nel legno della mia vita".
Escono dalla scena con grande magia le donne
È la loro arte la loro prestidigitazione
Al confronto i nostri numeri sono niente
Neve sfiorita ai margini del marciapiede.
Amare e potermi dire amato questo ho voluto
Chissà se ci sono riuscito.
Un’ alba misera spunta su tutto
Comprese puntute signore in delirio
Per le note di questa piccola sinfonia
Di un re minore.
Io nel frattempo mi alzo e pronuncio un nome
Come se fosse possibile preferire una rosa
Ad un’altra rosa.


(testo ricevuto da Alex Monticelli)

Oscar Primo Review #20



(foto ricevuta da Oscar Primo)

"Body and Soul" di Alex Monticelli

.
Sono iscritto da circa due mesi.
Due o tre giorni la settimana
Scendo le scale poggio la mia roba
E comincio a sollevare, flettere
Correre, pedalare mentre guardo
Qualche culo o penso alle cose
Che non ho fatto.
Ieri ho parlato per la prima volta
Con l’istruttore di qualcos’altro
Che non fosse quel posto.
Ed ho saputo che ha una laurea
In lettere moderne, che ha provato
Decine di volte a costruire
Su questa strada nelle università
Nelle case editrici, nelle redazioni
Di quotidiani, riviste ma alla fine
Ciò che era il suo hobby
Hanno deciso che diventasse
Il suo lavoro.
Gli dico che anche se alcune
Gallerie d’arte espongono i miei
Lavori e qualche editore mi ritiene
Una voce originale e nuova
Ho un altro lavoro per vivere
Ma dal quale non riesco ad ottenere
I suoi bicipiti, tricipiti ed altri cipiti simili.
Poi veniamo interrotti da una donna con
Le gambe da rinoceronte che lo chiama.
Lui torna a fare quello per cui è pagato
Io quello per cui ho pagato.
S-fottuti tutti e due dalla stessa fiamma.


(testo ricevuto da Alex Monticelli)

Segnali perduti_16


ARRIVI #51

(l'insegna)

L’insegna verticale sullo spigolo del palazzo,
lampeggiava dietro i vetri
con un pulsante ronzio,
cadenzato da soffocati schiocchi

per il cielo avverso o la stagione inoltrata,
per il luogo situato in una regione interna
o il giorno declinante,
la notte era imminente sulla città

guardando nelle due direzioni della strada sottostante,
in tutte le insegne almeno una lettera era spenta,
anche nel nome dell’albergo
in cui aveva preso stanza

riunite dallo sguardo,
queste mancanze formavano una parola,
una frase composta da lettere in ombra,
che risaltavano per assenza
nello splendore dei neon contro il buio calante.
.

Segnali perduti_15


ARRIVI #52

(la borsa)

Rientrò in camera per salvare nell’agenda
la parola dedotta dalla lettura delle insegne

come bagaglio aveva solo una grossa borsa nera
ancora chiusa e piena,
adagiata sul tappetino ai piedi del letto:
ne tastò i fianchi rigonfi,
infilando la mano a cercare
lo spigolo rigido del quaderno

non amava trascinare valigie su ruote cigolanti
che gemevano e sobbalzavano
sul marciapiede sconnesso,
torcendogli il braccio per mantenerle in piedi
sul corretto percorso:
animali al guinzaglio che s’impuntavano,
inciampando alle spalle

da qualche parte aveva letto
che già esisteva un modello di valigia
in grado di seguire il proprio padrone
senza vincolo di maniglia
ma per un legame di segnale radio al suo polso
e con autonoma elettrica capacità di moto,
dotata di memoria e voce,
per ripetere l’identità del proprietario
e il suo recapito in caso di smarrimento

rabbrividì al pensiero di quei bagagli dispersi,
che per giorni si lamentavano
nei depositi di stazioni e aeroporti,
invocando il loro compagno di viaggio.
.

Segnali perduti_14


ARRIVI #53

(poca luce)

Seduto al minuscolo tavolino di fronte alla parete,
tra il fianco dell’armadio e la tenda della finestra,
cominciò a scrivere i dati ricavati
dall’osservazione appena compiuta

nessuna fonte di luce nella stanza
era adatta a quella occupazione:
la plafoniera al centro del soffitto
emanava un chiarore velato di pallido sole sospeso,
una lampada col cappello ben calzato,
rischiarava dal comodino appena il bordo del cuscino

solo il riflesso dei lampioni dal basso,
lo splendore dei nomi sopra i negozi,
i fari delle auto incessanti,
ricadevano dal soffitto sull’angolo in cui era chino
.

Segnali perduti_13


ARRIVI #54

(la serie)

Con l’agenda in mano uscì sul balconcino,
per verificare la corretta interpretazione
del precedente evento


proprio in quel momnento
l’insegna sulla facciata di fronte
diede segni d’instabile vita luminosa:
una lettera più volte si accese e smorzò,
per rimanere infine spenta

allargando la visuale lungo la strada,
si accorse che il fenomeno si ripeteva
in altre scritte luminose,
finchè in qualche minuto la situazione si stabilizzò,
mostrando un’altra serie di lettere oscure
per una nuova frase da decifrare

come in un ciclico mutare di giorno in notte,
più volte registrò il sorgere, comporsi e declinare di parole,
senza potersi staccarsi dalla ringhiera e rientrare

poi il traffico diradò nella via,
qualche negozio spense titolo e vetrina,
e la pagina fu piena d’incerta scrittura.
.

sabato 4 aprile 2009

Oscar Primo Review #19



(foto ricevuta da Oscar Primo)

"Il giovane studente..." di Alex Monticelli


Il giovane studente si addormenta
Il vento caldo dalla finestra aperta
Sfoglia le pagine e continua a leggere per lui.
Nella memoria si fanno passi indietro, a lato
Dove si vuole, nella memoria non ci sono direzioni.
Ognuno percorre una strada passata
Ma che strada è se non ti riporta a casa?
La stanza della tua casa è d’oro e bianca
Chiusa alle mie intenzioni e ai desideri
Di letterature spontanee come erbacce
Tra le fessure del cemento.
Lì dentro costruisci anche tu lo stratagemma
Del cavallo di legno, per ingannare chi aprirà
La porta dopo di me.
L’arte di perdere si impara facilmente
Ed è il peso di tutto questo che si regge tra due parole.

(testo ricevuto da Alex Monticelli)

Oscar Primo Review #18



(foto ricevuta da Oscar Primo)

"Infilo la giacca..." da Alex Monticelli


Infilo la giacca davanti una gigantografia di Marcello
Apro la portiera metto in moto e parto.
I riflessi dei fari lingueggiano sulle vetrine dei negozi

del centro.
Guido e dimentico per un po’ di respirare
Stasera esiste solo la tua bellezza altizigomata
Il cervello che frana
Le parole incompiute che cadono dalle labbra.
È sempre così per chi si innamora di qualcuno
Che ama qualcun altro.
Poi spengo il motore, esco dalla macchina
Ed entro in casa.
Due uomini in frac,una donna in muta da sub
E la menina di Velazquez si alzano dal mio divano
E mi salutano con un sorriso.
Io mi avvicino alla porta della stanza
Abbasso gli occhi e la chiudo lentamente.
Deciso che fino a domani
Farò a meno di bere e di pensarti.

(testo ricevuto da Alex Monticelli)

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(foto ricevuta da DollArmy)

"Memorie e vestiti_2" da DollArmy

Memorie e vestiti 2

Ma come apollinaire mi risulta un po’ duro
morire e non conoscere la moda del futuro
pensare un giorno a vogue con le nuove sfilate
e non poter più scorrere le foto allineate
non nascerà chanel armani nè una prada
sarà certo una stoffa a trama fitta o rada
a trasformare abile il solito tubino
in confezione utile a cambiare il destino
per uscire nel mondo e catturare sguardi
suscitare emozioni prima che venga tardi.
L’uscita dell’inserto delle nuove sfilate
porta ancora l’auspicio di scene rinnovate
e come il giorno prima che venga il dì di festa
visoni del futuro mi inebriano la testa
siano cappotti a luglio o bikini d’inverno
ho bisogno di un sogno che mi sembri moderno



(testo ricevuto da DollArmy)

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(foto ricevuta da DollArmy)

"Memorie e vestiti_3" da DollArmy

Memorie e vestiti 3

Fammi guardare ancora le stoffe colorate
mi ricordano ancora certe sere d’estate
quando uscivo in parata vestita da sirena
per occupare un posto davanti nella scena
quando mi preparavo per entrare nel mondo
per cercare una luce e non essere sfondo
e le gite a milano per andare a vedere
i fasti postmoderni di una città da bere
quadri di gnoli e ciondoli, fiorucci e triennale,
le ambientazioni oniriche.del design radicale
gli abiti giapponesi fantastici e depressi
il posto di gaultier coi mosaici sconnessi.
Fammi ancora giocare con i teli di stoffa
a inventare un vestito per un’anima goffa
drappeggi per confondere una struttura incerta
sagomare il mikado su una ferita aperta
e un effetto speciale per creare l’abbaglio
per provare a nascondere un errore di taglio

(testo ricevuto da DollArmy)

Segnali perduti_12


(foto ricevuta da Zetagramma)

ARRIVI #61

(la stanza azzurra )

Arrivato quella mattina, aveva trovato alloggio
in una pensione sulla strada fra la stazione e il porto
il soffitto all’ultimo piano seguiva l’inclinazione del tetto,
riducendo l’altezza della stanza
e a doversi chinare per guardare dalla finestra:
una distesa di schiene d’ardesia
sormontate da terrazzini congiunti con il piano sottostante
da scalette e ringhiere di ferro
e passerelle in lastre di marmo che scavalcavano
le buie fenditure dei vicoli fra le alte case


la stanza con le pareti di tenue azzurro
e un letto di ferro dalla testata di rami dorati,
era una leziosa citazione di arredo d’epoca,
smentita dal televisore sul cassettone,
dalla lampada a risparmio energetico nel globo di carta di riso,
dal telefono senza fili sul comodino,
dalle riproduzioni di stampe antiche
in cornici con tarlo finto e tacca imitata,
dal bordo di carta applicata che svolgeva in alto sul muro
un fregio nordatlantico di conchiglie, fari zebrati e nodi marinari,
salvagenti e volteggio di gabbiani

fuori un coperchio grigio era posato s’una pentola
che ribolliva di sirene, fischio di navi,
ferro sui binari e clamore ambulante,
da cui sfuggiva l’odore di mare chiuso,
che lo scirocco spingeva su per lo scarico
del lavandino.
.

Segnali perduti_11


(foto ricevuta da Zetagramma)

ARRIVI #62

(i cargo)

Rientrando in camera
trovò una busta sotto la porta:
conteneva una foto di alcune navi da carico
ormeggiate lungo la banchina,
con il lato operoso rivolto a terra
e l’altro che mostrava in grandi caratteri bianchi
il nome della compagnia di navigazione
osservata con la lente,
sembrava scattata dal molo adiacente
o da una barca che vi si era accostata
e si animava con i marinai
a cavallo di ponteggi sospesi al parapetto,
che ricoprivano a rullo le gigantesche scritte
sulla fiancata
si accostò con il binocolo
alla finestra verso il porto:
la stessa fila di navi era all’ormeggio
ma dallo scafo della più grande
alcune lettere erano già scomparse sotto la vernice
e l’esotica insegna dell’armatore
mutata in parole separate da spazi neri
anche sui cargo adiacenti,
equipaggi appesi alla murata erano intenti
alla stessa operazione
trascrisse allora in fretta le diciture integre
e le sottrazioni di lettere in corso:
si otteneva dalla testata alla radice della banchina,
una frase galleggiante su fondo nero, verde e azzurro
dipinta sugli scafi accodati
una sirena fermò il lavoro
e i ponteggi ondeggiando vennero issati a bordo,
sospendendo per quel giorno la riscrittura
sui fianchi di lamiera.
.