dal Taccuino del Comandante Zeta

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domenica 26 aprile 2009

ARRIVI #52

(la borsa)

Rientrò in camera per salvare nell’agenda
la parola dedotta dalla lettura delle insegne

come bagaglio aveva solo una grossa borsa nera
ancora chiusa e piena,
adagiata sul tappetino ai piedi del letto:
ne tastò i fianchi rigonfi,
infilando la mano a cercare
lo spigolo rigido del quaderno

non amava trascinare valigie su ruote cigolanti
che gemevano e sobbalzavano
sul marciapiede sconnesso,
torcendogli il braccio per mantenerle in piedi
sul corretto percorso:
animali al guinzaglio che s’impuntavano,
inciampando alle spalle

da qualche parte aveva letto
che già esisteva un modello di valigia
in grado di seguire il proprio padrone
senza vincolo di maniglia
ma per un legame di segnale radio al suo polso
e con autonoma elettrica capacità di moto,
dotata di memoria e voce,
per ripetere l’identità del proprietario
e il suo recapito in caso di smarrimento

rabbrividì al pensiero di quei bagagli dispersi,
che per giorni si lamentavano
nei depositi di stazioni e aeroporti,
invocando il loro compagno di viaggio.
.

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